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All'ombra di tre monumenti

Franco Cristelli
ISBN
978-88-6853-591-9
Descrizione

In questo volume si parla delle vicende politiche d’Arezzo e Anghiari, con particolare attenzione a come furono vissute negli spazi dei raduni della gente della “democrazia radicale” e dai suoi più diretti interlocutori e avversari. Per meglio inquadrare oltre trentacinque anni di storia non possono mancare necessarie divagazioni sui grandi e vari accadimenti, ricondotti comunque al tema oggetto di questo studio. Tra il 1878 ed il 1915 la generazione protagonista del Risorgimento si avviava a scomparire ed accanto ai superstiti coi loro epigoni apparvero e si affermarono anche nell’Aretino nuove forze politiche, specchio locale della profonda trasformazione in atto di tutta la realtà economica e sociale italiana. Si tratta degli anni in cui la destra storica aveva ceduto il passo alla sinistra storica, quelli in cui ad Arezzo il tenore di vita cominciò a migliorare dopo la grave crisi attraversata dal momento dell’unificazione e mentre la base elettorale andava progressivamente allargandosi fino ad arrivare al generalizzato suffragio universale maschile del 1913. Le vicende di Arezzo e Anghiari permettono di cogliere lo spirito fervoroso e irrequieto proprio di quei decenni; esse furono il compiuto riflesso di quanto avveniva in Italia e, come dovunque, ebbero nel contempo caratteristiche specifiche e distintive, meritevoli d’essere conosciute. Questo lavoro fa perno sulla figura del vecchio patriota radicale Giovanni Severi, personalità di spicco nelle vicende cittadine e attivo anche ad Anghiari. I tre monumenti di cui si parla, all’ombra dei quali si svolsero molte significative manifestazioni popolari politiche e rievocative, sono quello di Arezzo e i due di Anghiari. Il primo fu innalzato nel 1880 per eternare la memoria dei caduti aretini nelle patrie battaglie risorgimentali, gli altri furono eretti in onore di Garibaldi: l’uno, realizzato nel 1883 quando forte era lo scontro dell’estrema radical - repubblicana con il potere centrale, fu sostituito dal secondo nel 1913 mentre si cercava d’inserire la figura dell’Eroe nella memoria nazionale condivisa. I capitoli conclusivi affrontano il tema dell’interventismo aretino su cui Giovanni Severi, garibaldino e massone, non poté esprimersi perché morì dopo alcuni mesi di malattia prima che l’Italia scendesse in campo ma, in certo qual modo, ne interpretano il pensiero, poiché il partito e il mondo al quale era appartenuto ritrovò unità d’intenti proprio nella scelta interventista, operata in unione con gli irredentisti e con chi la reputava necessaria per completare il Risorgimento senza calcare troppo sul “sacro egoismo” necessario per creare la “grande Italia” di cui parlavano molti, per esempio i nazionalisti. Col passare degli anni e con l’avanzare di nuovi partiti furono utilizzati anche spazi extra urbani per altre adunate di popolo di cui pure si parla, ma i tre monumenti continuano a rappresentare altrettanti momenti forti d’una precisa stagione storica e ne sono l’emblema, tanto che da quello di Arezzo mossero nel 1915 i soldati che partirono per il fronte. 

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