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La memoria coltivata

Enzo Toselli
ISBN
978-88-6853-589-6
Descrizione

Storia, cronaca, aneddoti, usanze di un villaggio contadino - Falasche e dintorni fino agli anni ’70 del secolo scorso, con brevi incursioni.

Coltivare la memoria di un mondo ormai superato dall’evolversi della storia non vuol dire perdersi nella nostalgia del passato, né volerne ripercorrere sistemi di vita oggi irripetibili. Per ogni individuo è però necessario trovare le proprie radici, il punto di partenza, per meglio capire e definire il percorso della propria esistenza. Chi ha la fortuna di provenire dalla realtà contadina ha senz’altro una speciale ricchezza interiore, avendo imparato a conoscere il mondo e gli uomini dal rapporto con la natura e con la terra, come i tanti uomini e le tante donne che, nel lavoro nei campi, nella sofferenza, nelle lotte per l’emancipazione, hanno scritto parte della storia del secolo scorso. Non si è mai trattato di singoli personaggi di altissimo livello culturale, sociale, di potere, decisivi per le sorti del Paese. L’epopea contadina è un insieme di fatti e persone che, apparentemente marginali rispetto ai dettami della Storia, in realtà hanno prodotto un’identità e una civiltà che hanno rappresentato, per molti anni, i cardini su cui si è retta la nostra società: saldo ancoraggio ai principi di solidarietà, laboriosità, rispetto del prossimo, della natura, della madre terra. Coltivarne la memoria vuol dire dunque tenerne vivi costumi e tradizioni, ma soprattutto coltivare i valori che quegli uomini e quelle donne hanno contribuito a formare attraverso le vicende delle loro vite. Il racconto della storia del villaggio contadino di Falasche, fino agli anni settanta del secolo scorso, vuole essere perciò soprattutto un omaggio a tutti coloro che vissero quella realtà e a coloro che, in ogni parte del Paese, nell’immediato dopoguerra, con la loro instancabile laboriosità, contribuirono a ricostruire l‘Italia. Simili sono infatti le tradizioni, le sofferenze, la vita dei contadini ad ogni latitudine e, chi ha vissuto, conosciuto o studiato il mondo contadino spero possa riconoscersi in questa lettura. Quanto a noi, figli della società dei consumi e della subcultura dell’apparire, coltivare la memoria deve significare innanzitutto acquisire la consapevolezza che i nostri avi ci hanno lasciato, a costo di pesanti sacrifici, un bel mondo, migliore di quello che avevano ereditato. Non è affatto scontato che, come i nostri avi, anche noi sapremo lasciare, ai nostri figli, un mondo migliore di quello che abbiamo trovato, soprattutto per esserci lasciati omologare, nel tempo, a modelli di vita che hanno rappresentato l’annullamento dei loro principi e valori, dell’identità e del senso di appartenenza, tanto che, oggi, non sappiamo più chi siamo.

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